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Hanno paura della verit

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Se abiti in Francia, conosci una donna che stia decidendo se abortire o no, e le dici che sei disposto a darle una mano, ad aiutarla col suo bambino nel caso decidesse di farlo nascere, se le provi a suggerire, delicatamente, di non abortire, perché ucciderlo potrebbe portare tanto dolore nella sua vita, adesso rischi due anni di carcere e 30 mila euro di multa, ammesso che il senato il 7 dicembre approvi la legge già passata alla Camera. C’è stato un angoscioso slittamento della realtà. Da facoltà depenalizzata – “nel caso di estremo pericolo per la vita della donna, nel caso che non ce la faccia, provati tutti gli aiuti, se proprio non c’è un’altra via, si può anche uccidere il bambino, e non si sta commettendo reato”: questo era lo spirito della legge – l’aborto diventa diritto arrogante, talmente prepotente da schiacciare tutto il resto, libertà di parola compresa (eppure liberté, egalité bla bla bla, eppure Je suis Charlie come se piovesse…).

Già, li capisco i difensori dell’aborto. Hanno paura della verità. Hanno paura che qualcuno abbia il coraggio di dirla, e per cancellare la verità non sanno usare che la violenza. Se l’aborto fosse davvero una conquista e un diritto, se le donne fossero così tranquille nelle loro scelte non avrebbero paura di niente. Io non ho mica denunciato chi mi ha detto di “fare i controlli presto, prima del terzo mese”, “perché poi signora se vuole decidere qualcosa è meglio farlo subito”. Semplicemente, non li ho ascoltati (e, sì, ho cambiato ginecologa, ovviamente). Non ho denunciato chi continuava a propormi l’amniocentesi a 27 anni (quando è maggiore il rischio di danneggiare il feto che quello di malformazioni). Semplicemente, ho cambiato ginecologo, di nuovo. Come si dice a Roma, “me rimbalza”. La verità è scritta nel cuore della mamma, di ogni mamma, e chi sa la verità e la ascolta non ha paura di niente.

Quante donne che hanno alle spalle questo grande dolore hanno detto, anche a me personalmente, “se qualcuno mi avesse fermata!”. “Se qualcuna mi avesse detto una parola, qualcuno mi avesse detto che mi avrebbe aiutato, adesso non starei così male, anche se sono passati venti anni”. Ora che ci penso, non ne conosco una, una sola, che non soffra per quel lutto. Si può riuscire a perdonarsi, ma è un cammino lungo, e per come la vedo io richiede la grazia. Ma a livello solo umano è un dolore enorme che rimane per sempre. E quante donne non volevano che quel bambino arrivasse, quante hanno pensato, certo, di non accoglierlo – siamo umani, e il pensiero può sfiorare o anche tormentare – quante hanno avuto paura e tremato per nove mesi? Tantissime. Ma quante, quando lo hanno stretto tra le braccia, si sono pentite che sia nato? Nessuna. Nessuna che conosca o di cui abbia mai sentito dire. Mai.

Come vorrei abbracciare tutte le donne che hanno questo lutto nel cuore, e come vorrei invece prendere a pugni tutti quelli che le hanno riempite di bugie, parlando di diritto all’autodeterminazione, quelli che non le hanno aiutate. Come vorrei che a tutte loro fosse successo quello che è capitato a quella mamma che è andata all’ecografia per abortire, ma il medico si è sbagliato, pensava fosse un controllo per una gravidanza destinata a continuare, e così ha cominciato a illustrare quello che vedeva: le manine, il cuore, la testa, il pollice in bocca. E quando ha sentito le cose chiamate col loro nome, quando ha visto il cuore battere, la mamma non ce l’ha fatta a spezzare quel battito. Quella sarebbe la vera libertà di scelta. La vera autodeterminazione. Va bene, mamma, è vero, la legge ti permette di scegliere: ma prima guarda quello che stai facendo. Guarda quale cuoricino stai fermando. Lo puoi fare, non è reato. Ma sei sicura?

La balla del diritto di autodeterminazione della donna non regge più, e allora bisogna mandare in carcere la gente che lo fa scricchiolare. Bisogna vietare gli spot che dicono che anche un down può essere felice – lo hanno fatto davvero, in Francia! – perché vedere un down felice “offende” le donne che ne hanno ucciso uno nel grembo. Quindi non basta la selezione eugenetica: tutti i down vengono sterminati in grembo. Se qualcuno, grazie a dei genitori buoni non viene soppresso, no, non gli si può dire che anche lui potrà essere felice. Sei vivo, accontentati. Non è che pretenderai anche di essere felice? Censurato lo spot.

Già un anno fa era stata eliminata, con un’altra legge, la settimana obbligatoria di riflessione, e non c’è più nessuna figura con cui la donna debba confrontarsi prima del gesto irreparabile. Così, poverina, se è sola, non ci sarà nessuno che potrà tenderle la mano. Non potrà cercare aiuto neanche in rete: verrà punito anche chi farà campagne a favore della vita su Internet, e visto che la rete non è territoriale, accomodatevi: venite a prenderci, arrestateci. Noi saremo liberi anche in carcere, voi però sarete schiavi delle vostre bugie per tutta la vita, e anche dopo.

Dicono che questa legge è una strizzata d’occhi all’elettorato liberale da parte dei socialisti. Eppure pare che non ci sia più tanto consenso verso questo concetto di libertà talmente libera che diventa dittatura – che brividi, seriamente, la possibilità di andare in carcere per delle parole, e non insulti o offese, ma parole a difesa dei bambini! Chissà se la mossa dei socialisti funzionerà: la destra avanza e Hollande ha appena annunciato che non si ricandiderà. Non aveva una faccia allegrissima mentre lo diceva. Forse la mia analisi politica “le unioni civili portano sfiga” non brilla per raffinatezza, ma ha un fondo di verità. Queste battaglie (vedi anche Zapatero) sono travestite da battaglie per i diritti, in realtà incarnano solo i vezzi, i tic ideologici di una elite, non sfiorano minimamente il cuore di noi persone comuni che sudiamo per mandare avanti famiglie normali. Una elite tecnocratica e prepotente preoccupata solo di cambiare la percezione comune della verità, non di risolvere i veri problemi.

Un vagito li seppellirà.

 

(Il blog di Costanza Miriano, 2 dicembre 2016.)

 

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